ORGANIZZAZIONE AMMINISTRATIVA

Amministrazione

Il Consiglio di Amministrazione;Il Presidente;

Il Segretario.

Comitato di Direzione

Coordinatrice e collaboratori, figure professionali esterne

Medico scolastico, Pedagogista, Specialisti A.S.L. e vari.

Segreteria

E’ aperta tutti i giorni dalle ore 7,30 alle ore 9,30.

Rette
Le rette comprendono:

quota annua di iscrizione;

retta fissa obbligatoria mensile;

buono di presenza giornaliero;

I servizi di pre-scuola, doposcuola e Babylandia hanno un costo aggiuntivo.
Le rette per le famiglie vengono fissate di anno in anno tenuto conto dei costi di gestione, dell’entità dei contributi Ministeriali, Regionali, Comunali.

LE CONDIZIONI PER LA REALIZZAZIONE

4.1 Organi di partecipazione

Sono Organi indispensabili per la realizzazione della proposta formativa della scuola. All’interno di questi Organi, personale della scuola, genitori e amministratori si incontrano e si confrontano formando una “Comunità Educante” con lo scopo di garantire un servizio a misura di bambino per la sua integrale crescita. Essi sono:

·L’Assemblea Generale (A.G.);

· L’Assemblea di Sezione (A.S.);

· Il Consiglio di Scuola (C.S.) già Comitato Scuola-Famiglia (C.S.F.);

· Il Collegio dei docenti (C.D.)

4.2 Lavoro in rete

La formazione delle insegnanti viene realizzata attraverso l’elaborazione di progetti in rete con altre scuole del territorio in collaborazione con la Federazione Italiana Scuole Materne (FISM), con la quale la scuola dell’infanzia è associata, con il coordinamento di zona e con Enti e associazioni culturali.

4.3 Valutazione

Nella scuola dell’infanzia fondamentale è il processo di valutazione che vede coinvolti insegnanti, genitori, bambini.

4.4 Criteri e modalità del F.N.A. (Foglio notizie alunni)

La scuola è consapevole e sempre attenta alla realtà evolutiva del bambino. Osserva e registra i progressi che questi compie a livello di abilità, conoscenze e competenze, e fa di questa osservazione sistematica il fondamento dell’azione educativa. Il Collegio Docente in adesione e coerentemente alle Indicazioni Nazionali adotta il Portfolio come documento testimone della crescita del bambino e come efficace strumento di racconto di sé in contesti significativi presenti e di cambiamenti futuri.

4.5 Formazione del personale

Nella realizzazione della propria offerta formativa, la scuola considera la formazione e l’aggiornamento del proprio personale docente e non docente, condizione fondamentale dell’impegno educativo e ne assume in proprio la responsabilità.

Il personale della scuola materna partecipa ai corsi informativi per la legge 626/94.

LA PROPOSTA FORMATIVA DELLA SCUOLA

3.1 Modalità organizzative

La Scuola dell’Infanzia sempre aperta ai cambiamenti significativi della realtà in ambito educativo-didattico applica le Indicazioni Nazionali dei Piani Personalizzati delle attività educative nelle scuole dell’Infanzia (D.M. del 18/9/2002).

3.2 Progetto didattico

La scuola dell’infanzia concorre all’educazione armonica e integrale dei bambini nel rispetto di ciascuno.

Le indicazioni nazionali hanno individuato alcune grandi Finalità che indicano le linee di fondo le quali sono:

maturazione dell’identità;

conquista dell’autonomia;

sviluppo delle competenze;

Le attività didattiche sono articolate all'interno delle unità di apprendimento così come indicato dalle Indicazioni Nazionali. Le unità di apprendimento sono i diversi ambiti del fare e dell'agire del bambino e quindi i settori specifici ed individuabili di competenza nei quali il bambino conferisce significato alle sue molteplici attività, sviluppa il suo apprendimento, acquisendo anche le strumentazioni linguistiche e procedurali, e persegue i suoi traguardi formativi, nel concreto di una esperienza che si svolge entro confini definiti e con il costante suo attivo coinvolgimento.

Ciascun unità didattica presenta i suoi peculiari esiti educativi, percorsi metodologici e possibili indicatori di verifica ed implica una pluralità di sollecitazioni ed opportunità.

3.3 Uso degli spazi

Le sezioni sono strutturate in spazi-zona che favoriscono lo sviluppo delle capacità cognitive attraverso le attività ludiche:

· Angolo morbido;

· Angolo della manipolazione;

· Angolo dell’attività grafico pittorica;

· Angolo dei giochi di costruzione;

· Angolo della lettura;

· Angolo del gioco simbolico.

Il giardino attrezzato ed il salone ricreativo concorrono a dare la possibilità ai bambini di sviluppare le loro capacità di equilibrio e di provare le proprie capacità motorie e di organizzazione.

PILASTRI DELL’AZIONE EDUCATIVA

2.1 Il processo educativo ed i pilastri dell’azione educativa

La dimensione educativa rappresenta un’importantissima esperienza della vita della persona.

La scuola è uno strumento fondamentale che affianca la famiglia nel compito dell’educazione e dell’istruzione dei figli, in particolare la scuola materna è la prima occasione per la famiglia di verificare il suo progetto educativo.

Per questo motivo sono curati con particolare attenzione i momenti dell’inserimento e dell’accoglienza come attenzione al rapporto con la famiglia quale fonte d’identità nel percorso di crescita.

La Scuola dell’Infanzia rappresenta per quasi tutti i bambini il primo luogo, diverso dalla casa, in cui vivere con altri coetanei e adulti per molte ore al giorno. Questo passaggio può rappresentare un momento piacevole e rassicurante di crescita per ciascun bambino, per questo, la vita nella Scuola dell’Infanzia non è lasciata alla occasionale spontaneità, ma l’esperienza quotidiana è vissuta attraverso la proposta dell’adulto.

Il bambino chiede di essere sostenuto e accompagnato nei passi quotidiani, fatti di gioco, di esplorazione, di amicizia, di conquiste e di qualche piccolo insuccesso, e non di essere lasciato totalmente alla sua istintività. In questo modo, la persona impara a vivere, riconosce sempre più le proprie possibilità, rafforzando la propria identità, ponendo così le basi per ogni futuro apprendimento.

2.2 Soggetti dell’azione – ipotesi educativa

Un’esperienza educativa si sviluppa e cresce all’interno e attraverso una trama di relazioni significative che caratterizzano l’ambiente di vita della persona.In questo ambiente gli adulti si propongono come guide, i bambini si aprono alla scoperta della realtà, la scuola si affianca ai genitori nella condivisione della loro responsabilità primaria e originaria.

La mediazione didattica riconosce come connotati essenziali:

· la relazione personale significativa;

· la valorizzazione del gioco;

· esperienze sensoriali attraverso il corpo e i diversi linguaggi;

· l’immagine e l’intuizione;

· l’inizio della simbolizzazione.

Attraverso questi percorsi il bambino giungerà a precise mete educative nel percorso formativo globale.

2.3 Alunni diversamente abili

Al momento dell’iscrizione, la famiglia comunica alla scuola la situazione particolare del proprio bambino e presenta, qualora ci fosse, una diagnosi funzionale pedagogico-clinica fornita dalla A.S.L., senza la quale la scuola non potrà attivarsi per programmare un eventuale sostegno. La stretta collaborazione tra scuola, famiglia, specialisti che seguono il bambino e assistente sociale, è indispensabile per verificare il cammino dell’alunno.

Relazione di Elena, mamma di Paruolo Giovanni

SERATA CON LA DOTTORESSA GIBI

La serata del 16/1/09 tenuta dalla Dottoressa Gibi Onorina ha richiamato nel salone dell’Asilo di Daverio un pubblico molto numeroso e attento. Trovare il modo di gestire i capricci dei nostri figli e distinguerli dai loro bisogni profondi era un tema davvero interessante e ha suscitato numerose domande e richieste di precisazioni.

Pensare ai nostri figli come a instancabili cercatori della verità, verificatori implacabili del fatto che le nostre parole siano coerenti e stabili, ci aiuta a capire perché diventino talvolta così … ostinati. Tutte le volte che noi genitori diciamo qualcosa che poi non manteniamo, i bambini perdono fiducia e sentono impellente il bisogno di verificare ogni nostra ulteriore affermazione. Il capriccio rappresenta una sorta di domanda di chiarimento. Come a dire che a noi basta sbagliare una volta perché loro rimettano tutto in discussione.

Il concetto di eccezione, cioè di qualcosa che accade una volta soltanto ( e non una volta ogni tanto) a livello razionale è pienamente comprensibile solo dai dodici anni in su. Prima di quell’età sarebbe meglio evitare di farne, per non creare confusione e disagio.

Per fortuna, e qui abbiamo tirato un sospiro di sollievo, in ogni famiglia ci sono risorse per recuperare ogni eventuale errore e cattiva abitudine acquisita.

I suggerimenti della Dottoressa sono in primo luogo di promettere solo ciò che si e’effettivamente in grado di mantenere, poi di intervenire con decisione e calma, quando e dove ce n’e’ bisogno (eventualmente anche al supermercato).

Un modo pratico e’ chiamato l’abbraccio di contenimento. Con esso si ferma il bambino in modo calmo e forte, gli si impedisce un comportamento negativo aiutandolo fisicamente a controllarsi. Comunicandogli nello stesso tempo il nostro affetto, la nostra calma e la decisione gli facciamo capire che noi ci prendiamo la responsabilità per lui, che non gli permetteremo di continuare e, in definitiva, che lo proteggiamo. Se le prime volte il bambino farà fatica a calmarsi, presto gli diventerà più facile.

Quando l’adulto riesce a conservare la sua maturità anche nei momenti faticosi, il bimbo può restare bambino, con serenità. Non avverte la necessità di comandare perché sono i genitori a farlo, senza paura o tentennamenti. (il rischio altrimenti è che il bambino abbia una sindrome da onnipotenza, che si senta spinto a dover comandare, in quanto gli adulti vengono meno)

Durante l’abbraccio di contenimento, finchè il bimbo non si è calmato, non bisogna assolutamente urlare, al massimo si può parlare sottovoce ribadendo il proprio amore e le proprie intenzioni. Non si vince con la forza ma con la costanza.

Il tono di voce con cui ci rivolgiamo ai nostri figli e’ molto importante. Quando alziamo la voce perdiamo il controllo della nostra parte razionale e più matura e permettiamo alla nostra zona più emozionale,”l’io bambino arrabbiato”, di prendere il sopravvento. Noi torniamo un po’ bambini e se l’urlo all’inizio spaventa e spinge ad ascoltare per paura, alla lunga non viene più sentito perché il bambino chiude decisamente le orecchie.

Per insegnare ad ubbidire la Dottoressa suggeriva di dare ai piccoli comandi semplici e chiari (proporzionati alle forze e fattibili!!), una volta sola e poi di avvicinarsi subito al bambino e aiutarlo a portare a termine la consegna. Al termine è fondamentale gratificare il bimbo:”Sei stato bravo a fare subito quella cosa. Vedrai che la prossima volta ce la farai da solo.”

L’educatore dovrebbe avere gambe, cioè sapersi avvicinare e avere il tempo e la pazienza di farsi ubbidire subito.

Un altro spunto interessante riguardava il cosa far scegliere ai bambini. Se è importante che gradualmente si abituino fare delle scelte, queste devono però essere secondarie, fra due opzioni offerte loro dall’adulto. E’ cioè l’adulto che comanda e propone l’orizzonte di riferimento.

Per i bimbi dai tre ai cinque anni è fondamentale la presenza di un ritmo nella giornata. Il susseguirsi di azioni ripetute in modo costante nella giornata li aiuta e soprattutto li rilassa. I rituali, specialmente quando sono spiegati ad alta voce (ora mettiamo il pigiama, poi laviamo i denti, dopo…) gli danno sicurezza. Sono fondamentali per esempio per accompagnare il bimbo in modo sereno al sonno. Dai tre anni e mezzo infatti i piccoli diventano consapevoli della possibilità della morte e conoscono la paura. Sta a noi guidarli e dargli sicurezza. Una lucina, la porta aperta, un buon rituale e qualche regola fissa da rispettare sempre (Se hai bisogno mi puoi chiamare ma non scendere dal letto) sono ottimi punti di partenza per godere finalmente di sonni sereni e riposanti.

Tantissime sono state le domande e le precisazioni, se desiderate ulteriori approfondimenti, chiedete ai genitori che hanno partecipato e che saranno lieti di confrontarsi con voi.

Relazione di Franco, papà di Martino Pietro

Dott.ssa GIBI ONORINA (psicologa – psicoterapeuta – psicosomaticista – terapista della famiglia)

Si parla della relazione genitori – figlio/a. Occorre distinguere i CAPRICCI dai BISOGNI.

Il bambino, da quando nasce, si affida completamente ai genitori. Inizia dalla relazione simbiotica con la mamma, con cui sopravvive (finché è in pancia) con il cordone ombelicale. In seguito si relaziona al di fuori.

Spesso non riusciamo ad interpretare bene la relazione. Abbiamo il dubbio di non accudire bene i nostri figli, il timore di sbagliare la relazione, di situazioni di maltrattamento. Ci sentiamo incapaci, soli. Questa insicurezza provoca stress. La fatica passa, ma lo stress può permanere per mesi. Si instaura una relazione non fluida, ma di continuo “inciampo”; non solo la relazione diventa faticosa, ma ci sentiamo anche “colpevoli” – con la sensazione di volere “meno bene” -.

Spesso vi è il pregiudizio che il bambino faccia qualcosa “contro di noi” (“Ce l’ha con me”). Ma in realtà i bambini non ce l’hanno con noi: stanno “cercando la verità”. Provocano reazioni per scoprire la verità. Mostrano ambivalenza, insicurezza; sembrano ossessivi (“vi tormenterò finché direte la verità”). Queste ripetizioni e ossessioni sono per colpa nostra: loro hanno bisogno di verità assolute.

I genitori devono mantenere sempre le loro promesse. I figli ci insegnano a diventare maturi, coerenti (se no ci fanno “impazzire” con le loro domande e richieste. Occorre fare solo promesse che si possono mantenere. Chi ha un genitore “imbroglione” diventerà un bambino “impossibile” (lamentoso, irritate, urlante, ..), perché non può credere al genitore.

Sembra che per noi sia maggiormente rilevante il pianto rispetto al dispiacere di dirgli di no, ma così non si può fare. Dopo il pianto, il bambino accetterà l’alternativa.

I bambini hanno una “religiosità” innata: dalla nascita fino a circa 7 anni hanno due dei “tridimensionali”, i loro genitori! Mamma e papà sono ritenuti “divini”; questa religiosità infantile la sprecano quando non sono “genitori divini” (coerenti, sinceri, ..).

In seguito (tra il 7° ed il 9° anno) i bambini trasformeranno i genitori da persone onnipotenti a persone normali. Per loro, divini siete voi, i genitori, se siete in grado di esserlo (non se siete sempre stanchi, nervosi, non disponibili, ..); altrimenti, diventano “tremendi”, tirannici, piagnucolosi, .. (anche secondo il carattere o se sono maschi/femmine) e paurosi all’esterno delle novità. Ma in famiglia tutti gli errori sono riparabili con l’amore che deve esserci all’interno.

Quando i bambini sono ipercinetici (“terribili”), enuretici (con pipì notturna), piagnucolosi/lamentosi, balbuzienti, .. ci stanno dicendo qualcosa. Spesso esprimono la “sindrome dell’onnipotenza”: non ci trovano abbastanza validi, perciò diventano loro onnipotenti. Pertanto, il problema è uno solo: noi non siamo stati così validi (come loro si aspettavano), e quindi cercano di diventare loro onnipotenti. Ma poi hanno paura del mondo che, senza di noi che li proteggiamo, sembra che li possa divorare. Da qui derivano sindromi nevrotiche.

Che cosa possiamo fare?

1. La prima reazione, di cambiamento, che possiamo avere è un abbraccio che lo trattenga dolcemente (“HOLDING”, non le “sgridate”), che ha il duplice effetto del contenimento del bambino e di esprimere una relazione affettiva. Quest’abbraccio gli fa sentire che: gli voglio bene; non gli permetterò di far male ad altri (o a se stesso); non lo lascerò, finché non sarà calmo; .. Finché non si lasciano andare (quando hanno capito che il potere è nostro, che li proteggeremo, che li faremo crescere nel modo migliore, ..), il viso deve essere vicino al bambino, anche per dirgli, sottovoce (non gridando), parole dolci e rassicuranti. La voce deve essere la più bassa possibile, dolce, tranquilla, serena ma ferma; più abbiamo paura [o altre emozioni non rassicuranti], più il bambino avverte che c’è pericolo [disagio]: sentiamo timori quando siamo incapaci [di assolvere il nostro ruolo].

[Esprimendosi con capricci] il bambino sta facendo il “ricercatore della verità” [E’ vero che i miei genitori sono onnipotenti/ i migliori del mondo, o no?]. Occorre rispondere con tranquillità perché non va bene arrabbiarsi con i bambini. Quando siamo adulti davvero, sappiamo rispondere con calma, in modo tranquillo e logico; ma nel momento in cui siamo arrabbiati, ci mettiamo a gridare, perdiamo il controllo, riprendiamo comportamenti illogici/irrazionali che ci riportano alla nostra emotività latente. In tali casi perdiamo autorevolezza, capacità di essere adulti, e il bambino percepisce un adulto che cerca di usare il bambino [che è in lui]. Gli facciamo paura solo perché siamo “più alti”, ma dentro di loro spesso “sorridono”: hanno davanti a loro un adulto scardinato nel suo aplomb, ridotto come loro (e, quindi, “vinto”).

Quindi, chi grida con i propri figli perde subito .. Ad alcune mamme che affermano, piene di sconforto: “I miei figli non mi parlano più”; “non mi ubbidiscono per niente”; .. occorre dire che ad 1 BISOGNO (avere genitori onnipotenti) non soddisfatto corrisponde spesso 1 PATOLOGIA (la necessità dei bambini di mostrarsi loro onnipotenti).

2. [Applicando la tecnica di holding], le prime volte i bambini possono manifestare una resistenza all’abbraccio. A tale resistenza occorre opporre la nostra serena costanza, non la nostra resistenza (non è una lotta), anche se tale potrebbe essere la reazione del nostro “bambino interiore” (se non subito ubbidito da altri, si sente spinto a “combattere”); ma noi siamo genitori, non “strangolatori”. Deve vincere “l’adulto”, se no loro rimangono “orfani”, in una “famiglia di bambini arrabbiati”.

Il capriccio non esiste: è solo una domanda di chiarimento. (“Per sbagliare andiamo bene tutti”). Un esempio è il caso del bambino che respinge un piatto, dicendo “non mi piace”. In tale caso è bene non dire: “Lo devi finire”. Se non riusciamo poi a fare eseguire questo ordine perentorio [otteniamo l’effetto inverso di quello sperato]: “Non si possono dare ordini alla bocca”. [es. – gnocco che rimane in bocca, senza essere masticato e inghiottito]. Se non riusciamo poi a fargli effettivamente finire ciò che è nel piatto, il bambino pensa di essere più potente di voi (o che potrà disubbidirvi sempre, da quel momento in poi) e, quindi, di comandare.

Mai domandare qualcosa che passi dalla bocca: finché il bambino è molto ubbidiente, e meglio ordinargli di fare cose che possa fare con le mani o con il corpo, perché si renderà conto che l’ordine sappiamo farlo eseguire. Ad es. “raccogli il gioco in mezzo alla stanza” [aiutandolo, muovendoci noi stessi e raccogliendolo insieme con le mani di entrambi], evitando arie di sfida o agitazione. L’ordine si dà una volta sola. I veri educatori usano tantissimo le gambe [facendo insieme al bambino molte azioni che gli si chiede di fare, almeno le prime volte], a differenza di molti genitori che vogliono “comandare con la bocca”. [Per fare sì che l’ordine sia eseguito], avvicino il bambino, prendo le sue mani ed insieme mettiamo via il gioco, [rafforzando il gesto con incentivo positivo a fare di più in seguito]: “Bravo che hai raccolto subito il gioco; peccato che ti sei fatto aiutare”.

Occorrono TEMPO, PAZIENZA e ATTENZIONE per dedicarsi all’esecuzione dell’ordine. Bisogna verificare subito che sia eseguito, subito dopo avere fatto la richiesta, dopo un solo ordine. Non è opportuno richiedere di “mettere a posto tutto” [Se qualcosa non fosse messo a posto, l’ordine non sarebbe eseguito. Dopo avere raccolto il gioco, le prime volte si può dire]: “Adesso io ho voglia di mettere a posto il resto”. Gli ordini devono essere semplici ed in un numero moderato.

I bambini non ci ascoltano per la distanza che usiamo. La vicinanza al bambino, invece, comporta che inseriamo la nostra energia nella sua [rafforzandola], creando una relazione reale con nostro figlio. (Se dice: “Mamma .. insieme”, non è un bravo bambino [che vuole condividere l’azione], ha dato lui l’ordine!).

Occorre fare piccoli passaggi (Quando saranno più grandi, abili, esistono gli incarichi). E’ giusto dare REGOLE, non ricatti (“Se non .. non vi darò ..” – in negativo -), che sono molto gravi. Il ricatto fa male a noi (ci toglie la parte potente/divina). Occorre attenzione anche con la consequenzialità (“se .. allora ..” – in positivo -): anche il premio, come il ricatto, può essere pericoloso (perché fa crescere le aspettative).

Il genitore deve scegliere. (es. cartoon giapponesi / americani). Uno dei percorsi difficili per i genitori è far capire “prima il dovere, poi il piacere”. I bambini che hanno abitudini fisse sono più calmi. I bambini diventano irritabili se non hanno un ritmo [come quello naturale] – che avvertono nell’alternanza dei mesi, nel ciclo circolatorio, .. -: hanno bisogno di ritmo anche nelle relazioni. Cosa posso far scegliere a questa età? Essenzialmente le “scelte secondarie” (dai 3 ai 5 anni ca.): per es. il colore del pantalone pesante, in questa stagione (la scelta primaria [il tipo di pantalone] la faccio io, in base alla stagione ..). La scelta primaria la deve fare l’adulto (“adesso usciamo”), lasciando eventualmente al bambino quella secondaria (“Preferisci andare a .. o da ..”).

E’ meglio che trovino ritmi sempre uguali.

D. – Come dare gli stessi ritmi in caso di genitori separati? – Occorre che entrambi i genitori [diano/osservino] regole nei rapporti con i bambini, con un numero di regole comuni – 10? –. Altrimenti, ingenerano confusione nella mente dei bambini – che è quasi come una malattia mentale in un adulto -. Per fortuna, i bambini sono flessibili (sono capaci anche di rispettare 2 regole diverse in due case diverse). Sembrano desiderare di stare di più con il genitore che ci sta di meno ma, quando hanno davvero bisogno, si aggrappano a chi dà loro certezza e chiarezza.

Non è che i bambini vivano regole diverse in ambiti diversi. Occorre distinguere i livelli. Le regole / i NO di base [strutturali] dovrebbero essere uguali dappertutto [in casa, all’asilo, dai nonni, ..]; poi ci sono i no / le regole di sovrastruttura (“non mettere i piedi sulla sedia”). Queste differenze non fanno male ai bambini; su regole non fondamentali, quando piangono [non occorre essere sempre rigidi].

¨ Le regole di struttura [devono essere poche, fisse, semplici e chiare]: mangiare seduti a tavola; fare la pipì in bagno; .. (Ogni ambiente ha la sua funzione); ritmo [come] nei tempi [quando] del cibo (mangiare e bere) e del sonno (dormire) – [e dove farlo]: a tavola / nel proprio letto -.

¨ Le regole sovrastrutturali possono invece essere variabili, con motivazioni. Occorre fare una scelta (p. es. se consentire la visione di giochi o pubblicità in tv, ..).

[Se p. es. si ritiene che i regali siano fatti in determinate situazioni – Natale, compleanno, Befana -, si può spiegare al bambino, che magari li vede pubblicizzati in tv, che può] avere piacere che esistano / sognarli, ma che i giochi li ha / li avrà e, visto che non vi è nessuna festa in vista, ora non li può avere.

Occorre sicurezza di dire la verità; se si è sicuri, il confine diventa reale. Non bisogna avere paura di essere “cattivi”. L’amore dei bambini è ambivalente.

Non bisogna dare sempre da mangiare. (Come per i giochi, [la continua richiesta di cibo spesso nasconde l’affermazione]: “Voglio tutto”). I disturbi alimentari dell’adolescenza si possono portare dietro per tutta la vita. Una alimentazione “ritmata” non dà origine a gastriti, ulcere, anoressie, bulimie da adulti.

Magari all’inizio si può essere dispiaciuti della verità, ma poi si diventa consapevoli [della sua importanza]. E’ importante anche prevenire [possibili capricci] (p. es. dire, prima di andare in un luogo: “Andremo .. Non potrai disturbare ..”). I bambini devono utilizzare il proprio tempo; [perciò può essere una buona idea, quando si va in luoghi dove potrebbero annoiarsi] preparargli uno zainetto con piccoli giochi, libretti, .. da portare con sé.

Spesso sente che mamma e papà si vergognano di un bambino capriccioso. [Ma questo non è un motivo per venire meno alle regole di base, anche solo per evitare “scenate” in pubblico, e neppure avere timore di interventi decisi, dove servono]. Occorre attuare ciò che si dice al bambino.

P. es. se si sono promessi due schiaffi [a certe condizioni], occorre fare proprio ciò che si è detto [né di meno, né di più], con calma: “Non puoi fare i capricci” (1° schiaffo), “in questo luogo” (2° schiaffo). Occorre dare pochi schiaffi, ma tutte le volte che servono, dove siano. Le “sculacciate” si devono usare pochissime volte (e mai sotto l’impulso della rabbia): [essenzialmente] sul rispetto di genitori, nonni, insegnanti, .. (“la zampata del mammifero che si fa rispettare” – non quando rompe un vaso Ming .. -).

Il castigo (invece della sculacciata) non va bene in caso di violazioni al rispetto, ma va bene in generale per ottenere ubbidienza. Deve essere “rappresentativo” (molto piccolo, simbolico – Più avanti, alle elementari, potrà diventare “restituzione”: fare cose a persone che i bambini hanno messo a disagio -). A questa età il castigo non deve essere privazione (altrimenti, crea voglia di vendetta): piccoli, un po’ simbolici.

[La cosa migliore è sempre] parlare con loro (redarguirli, se necessario), tenerli fermi un attimo a riflettere

D. Chiuderli nella stanza? – E’ troppo, non lo devo “cacciare” (La chiusura è per “delinquenti”). Le porte devono essere sempre aperte.

D. – Come comportarsi [per capricci legati al] sonno (ed agli orari in cui andare a dormire? – Il sonno porta con sé paure molto grosse (specie dopo i 3 anni e mezzo). Un bambino di 4 anni riconosce l’esistenza della morte (anche se non è morto nessuno in famiglia), e la percezione della morte comporta paure. E’ un argomento poco meno delicato del cibo. La notte, il silenzio, le porte chiuse, l’assenza di luce, .. possono comportare paure non risolte. (Il genitore che non ha risolto le proprie paure su buio, morte, notte, .. ha più problemi [nel gestire quelle dei figli]). Per addormentare i bambini ci deve essere un “rituale” (che ci fa stare meglio): riti sempre uguali a se stessi fanno molto bene alla mente (p. es. mettere il pigiama – fare pipì – lavarsi i denti – bere l’acqua – andare a letto – leggere 1 fiaba – avere un numero fisso di baci da mamma e papà - ..). Un rituale fisso porta serenità alla mente; per questo è opportuno cercare di fare sempre le stesse azioni uguali (p. es. 2 baci per genitore). Dopo di che, è bene allontanarsi [ma dandogli la certezza che ci siamo – sempre all’inizio, gradualmente riducendo il bisogno -]: “Se tu hai bisogno mi chiami .. ma non puoi alzarti dal tuo letto”. [Se anche finora ci si fosse comportati diversamente], “anno nuovo, vita nuova”. Ma si educa con le gambe: almeno all’inizio, ogni volta che ci chiama – anche 70 volte - occorre andare a vedere (“di cosa hai bisogno?”). La regola, detta il pomeriggio, di sera si applica. Per una quindicina di giorni la massima gentilezza e disponibilità; poi, si inizia gradualmente a fissare un limite alle chiamate (p. es. “puoi chiamarmi solo tre volte”): quando il rituale si è stabilizzato, non dovrebbe chiamare di notte. Occorre pazienza (15 giorni di chiamate – senza no – e 15 – iniziando gradualmente con no -).

D. – Come rispondere alla richiesta di rimanere lì, con lui/lei? – [se si accetta, viene meno il rituale e comandano i bambini] Lasciare una luce accesa (che non batta sulle palpebre), la porta aperta, una musica a basso volume (ma la sconsiglio: poi finisce ..). Ad un certo punto occorre dire No (“adesso dormi” – anche se risponde “ma io non ho sonno”).

Occorre mettere consapevolezza che tali azioni vadano fatte: pronunciarle, prima di farle, per renderle rituali.

D. – Cosa fare se si cambia casa? – Non cambiare lenzuola, cuscino, detersivo, .. (agendo sull’olfatto: le sue cose, con il suo odore), mantenendo lo stesso ritmo, .. (Si abituerà velocemente, altrimenti si arenano)

Ogni volta che ci attiviamo per le paure espresse dal bambino, riconosciamo la sua paura. Quando loro esprimono paura, occorre dare la nostra sicurezza in cambio.

D. – I genitori devono avere tolleranza per un bambino geloso? – Dipende come si esprime la gelosia: va bene finché è espressa nel verbale (lo lasciamo “sfogare”); occorre limitarla se si esprime in modo fisico.

D. – Cosa fare se chiedono di dormire con noi? – Cerchiamo un evento (S. Martino, S. Biagio, .. [uno qualsiasi ..]) ed iniziamo il rituale ]per farli dormire nel loro letto, nella loro cameretta].

D. – Vanno bene i rituali per il risveglio? – Non dovrebbero servire: (mentre il buio divora, il sonno è fratello della morte, temo di non svegliarmi più, ..) ci si dovrebbe sempre svegliare con gioia (per la ripresa di un nuovo giorno). Dipende anche a quale delle 4 tipologie base caratteristiche si appartiene (e, quindi, quali strategie di risveglio – non rituali, ma modalità di intervento - siano più opportune):

· MELANCONICI – intrattabili di mattino, infreddoliti, non vogliono parlare, .. - può essere utile accoglierli con un sorriso, contenti, ed intervenire sul clima (riscaldamento casa, acqua calda, ..)

· FLEMMATICI – faticano a svegliarsi al mattino, dormirebbero sempre, .. – sveglia “con brio”, lavare il viso con acqua fredda, mangiare lentamente, ..

· SANGUIGNI - ..

· COLLERICI - ..

Ma il genitore non se lo può permettere (deve far vedere che la vita è bella, la giornata da cominciare positivamente, insieme, ..).

D. – Cosa fare se la figlia ha certe richieste di gioco al risveglio? – Sono i genitori a dovere dettare le regole (Pare che la figlia comandi e che la mamma chieda quanto può disubbidire). E’ un errore anche dare troppo. Tutto è risolvibile, occorre cambiare strategia (quando ci accorgiamo che abbiamo sbagliato, correggiamo). Una mamma ubbidiente crea una bambina capricciosa.

I bambini non sono capricciosi, non è vero! Cercano di capire che cosa si può / non si può fare.

Fanno i capricci perché i genitori sono “inaffidabili” (p. es. – “voglio il gelato” [risposta inizialmente negativa – “sceneggiata” – acquisto gelato]). Venire meno alle regole base crea un “guaio” nella mente dei figli (Loro comandano, noi genitori diventiamo “disubbidienti”). In tale caso, occorrerebbe essere fermi: “Puoi piangere o sorridere, .. accettare un’altra merendina oppure no, .. ma il gelato [qui ed ora] non lo puoi avere”. Non bisogna “provare”, occorre farlo. Si può anche essere serafici o dolci (“Vedo che hai terminato di piangere: ricordati che oggi il gelato non lo puoi avere”).

I genitori che fanno diventare i No dei Sì (e, quindi, che si dimostrano “inaffidabili”) evocano i capricci. Si possono esprimere Sì, se non sono un limite [posto dalle regole base] per la salvaguardia del bambino. Occorre essere severi anche con quelli che si “intromettono”, [in caso di motivato diniego], facendo i “buonisti”.

I bambini hanno il diritto di scoprire la verità, anche attraverso il pianto ed il capriccio (unico sistema per scoprire ciò che è vero - e possibile -).

(Non si ha il diritto di spaventare il bambino con la rabbia degli adulti)

La normalità del pianto di un bambino è sino ad un’ora (Siamo noi che non abbiamo resistenza .. – Se singhiozza, imparerà a cantare .. -).

Non devono pensare che c’inventiamo le regole per i nostri interessi [Secondo il momento o dell’umore]. Se riusciamo ad essere sempre sereni e allegri, si affideranno a noi.

I No irreversibili sono pochi: riuscendo ad essere sereni e fermi in tali casi, il bambino non farà più i capricci. Con le brave educatrici, i capricci non li fanno .. qui i Sì sono Sì, ed i No sono No: c’è chiarezza che quanto detto è vero, e quindi a loro si affidano.

Mentre piange, non rimango lì (Mi metto a spolverare, ..).

D. – E’ opportuno allontanarsi, in tali casi? – Meglio non andarsene: ha il senso di una fuga, per paura del capriccio.

D. – E fare delle eccezioni? – La “eccezione” i bambini la capiscono con la mente intorno ai 12 anni (quando la comprensione emozionale e quella razionale si uniscono); e poi, “UNA TANTUM” vuol dire “1 volta soltanto”! A quest’età, la eccezione non possono capirla emozionalmente: quando si dà una regola, deve essere stabile; fare un’eccezione crea disagio nel bambino.

D. – E’ utile in tali casi usare la tecnica dell’abbraccio? - Nell’ora del capriccio, neppure l’holding è utile (Va usata solo se può farsi del male, per trattenerlo).

D. – Nel caso di sospetto autismo può essere utile? – In tali casi vi è bisogno di holding spessissimo; l’abbraccio rassicura ed è anche un contenimento.

Per concludere, abitualmente finisco con una piccola FIABA per Adulti

(una metafora, per capire di più le cose):

C’era una mamma con un bambino che non aveva voglia di crescere.

Non metteva a posto le sue cose, neanche piccoli lavori: “Questa volta non ne ho voglia. Facciamo un’altra volta”, diceva, e la mamma rispondeva - “Va bene” [e provvedeva lei ad ogni cosa]. E così, il “piccolo della mamma” si faceva fare tutto.

A fianco abitava la sorella della mamma, che aveva una bambina a cui insegnava a diventare autonoma e indipendente: sveglia, capace, si vestiva da sola, viva all’interno delle sue capacità e della sua età.

I due bambini giocavano sempre insieme: la cuginetta decideva quali giochi fare (non troppo difficili – per non mettere in difficoltà il cugino -) e si preoccupava di ogni cosa. Il cancello era sempre aperto, poiché vi erano pochi pericoli, in campagna, in una zona tranquilla.

Un giorno, giocando pian piano senza accorgersi entrarono nel bosco. Appena i due si resero conto di dove erano finiti, erano entrambi spaventati: il cugino piangeva ..

Ad un certo punto notarono una casa nel bosco. Davanti vi era un vecchio con la barba bianca, che sembrava aspettarli: “Finalmente siete arrivati. Ho un regalo per voi, ma ve lo dovete meritare”.

Li portò in una stanza piena di giochi in disordine: “Ho diviso la stanza a metà.” – disse il vecchio – “Ciascuno di voi metta a posto i giochi nella sua parte, e riceverete in regalo una bicicletta rossa”.

La bambina, abituata a quel genere di compiti, in poco tempo mise a posto la sua parte (e voleva poi aiutare il cugino nel suo compito). Ma il vecchio la fece andare fuori con il suo regalo, dicendo: “Lui rimarrà qui finché non avrà finito”. La bambina dovette quindi andar via, lasciando il cugino seduto a terra, in lacrime, senza nessun oggetto della sua parte a posto ..

.. Improvvisamente il bambino si svegliò. Chiamò subito la mamma e le disse: - “Basta, da oggi non voglio più essere pigro! Voglio diventare capace di fare le cose che mi chiedi”. E subito iniziò: voleva imparare tutto in una mattina. Terminati i compiti che la mamma gli aveva assegnato, andò fuori a giocare. Anche la cugina arrivò ..

.. con la sua bicicletta rossa!

Chi siamo


Logo Madonna della Neve colASILO INFANTILE DI DAVERIOLogo bimbo

Scuola paritaria dell’infanzia – Nostra Signora della Neve
21020 DAVERIO (VA) - Via Roma n° 18
Tel. 0332/947379 - Fax 0332/968078

email: info@asilodidaverio.191.it

C. F. 80009720121 - P. Iva 01365090123


Visualizzazione ingrandita della mappa

Sedi dell’Asilo

 

Ben quattro sono state le sedi dell’Asilo prima di giungere all’attuale, costruita nel 1964, in pieno centro del paese. Questa struttura nuova e di concezione moderna, con ampio giardino annesso, è stata ampliata nel 1997 e sono già in corso le pratiche per un ulteriore allargamento che porterà a 150 bambini la capacità ricettiva della struttura.

Prima sede

1°Sede foto vecchiaLa prima sede dell’Asilo era situata in una casa privata, in Piazza Monte Grappa, in alcuni locali dove precedentemente venivano allevati i bachi da seta (allevamenti molto diffusi in quell’epoca). La gestione era affidata alle Suore “Apostole del Sacro Cuore” di Alessandria, come risulta dall’allegato documento parrocchiale del 1910, tratto dal “Liber Cronicus” del parroco don Francesco Cazzaniga.

Seconda sede

2°Sede Ranchet

 

Un primo trasferimento portò l’Asilo in Via Carletto Ferrari, sempre in una casa privata con annesso giardino. Una persona anziana, che ha frequentato questo Asilo negli anni ’20, ricorda la presenza di una signorina e riferisce che il pranzo veniva portato da casa dai bambini, utilizzando un secchiellino.

 

Terza sede

3°Sede S.FrancescoUn ulteriore cambiamento di sede portò l’Asilo nelle case della Curia, in Via S. Francesco, dove operava come maestra d’Asilo una signorina, che giornalmente veniva da Menzago in bicicletta. Alcuni Daveriesi hanno tuttora memoria di questa sede, funzionante fino agli anni ’30. L’Asilo consisteva in un solo locale, con annesso servizio. Durante il bel tempo si giocava in cortile e quando pioveva i bambini si ritiravano sotto l’ampio porticato. Anche qui il pranzo veniva portato da casa, con un secchiello o in un fagottino di tela.

Quarta sede

4°Sede Prospetto

 

Dal 1934 l’Asilo svolse le sue funzioni nella ex Casa Comunale di Piazza G. Matteotti, gratuitamente concessa dall’Amministrazione Comunale di allora . Comprendeva due aule, la cucina, la legnaia, il pollaio, un giardinetto e un giardino più grande e al primo piano c’era l’appartamento per le suore.

 

In quell’anno la Congregazione di Carità del Comune di Daverio deliberò di assumere l’Amministrazione dell’Asilo, con lo scopo di migliorarne la situazione economica e di promuovere la sua erezione in Ente Morale.

Sempre nel 1934 fu stipulato un contratto con l’Istituto di Nostra Signora della Neve, di Savona per l’assegnazione all’Asilo di Daverio di tre suore, di cui una munita del diploma di abilitazione all’insegnamento del grado preparatorio. Tale accordo, per un compenso annuo di lire 3.000, fu firmato dall’allora presidente dell’Asilo Sig. Guido Pistoletti.

L’Asilo già allora svolgeva la propria funzione lodevolmente ed era dotato di un regolamento interno, che ammetteva l’accoglimento di bambini a pagamento ed anche, in alcuni casi, gratuitamente. La popolazione di Daverio contribuiva generosamente a sostenerlo.

Quinta ed attuale sede

BN_5 Da tempo emergeva l’esigenza di una nuova e più idonea sede per accogliere i bambini della comunità. Il Consiglio Comunale si fece carico di ricercare una soluzione soddisfacente, pressato anche dall’incremento della popolazione e, di conseguenza, dall’aumento del numero dei bambini. Individuata un’area ritenuta confacente allo scopo, nella zona centrale del paese, furono avviate le procedure giuridiche per l’acquisto del terreno, per la progettazione della struttura e l’esecuzione. Il sollecito inizio dei lavori di costruzione fu possibile anche grazie al finanziamento concesso dalla Cassa di Risparmio delle Province Lombarde, a condizioni favorevoli.

L’Amministrazione Comunale dotò così il paese di un valido e moderno servizio sociale a favore dei più piccoli. La struttura comprendeva: due aule, sala pranzo, cucina, salone ricreativo, spogliatoi, servizi, direzione, sala medica, ripostigli, porticato coperto e ampio giardino, mentre il primo piano era adibito all’appartamento per le suore. L’opera nel suo complesso, compreso il prezzo dell’area, venne a costare oltre 35.000.000 di lire. Progettista e direttore dei lavori fu l’Ing. Giuseppe Bossi di Varese che, per amore di Daverio, suo paese di origine, offrì gratuitamente la propria prestazione. Il Sig. Tamborini Leonardo donò la preziosa cancellata che costeggia via Roma. L’impresa Gabri Giuseppe costruì tutta l’opera. Il 26-5-1963 fu firmato l’Atto di passaggio. BN_2L’inaugurazione avvenne domenica 25 ottobre 1964 (anno scolastico 1964-65), alle ore 10.30, con l’intervento delle massime autorità della Provincia e la partecipazione numerosa della popolazione.  Il discorso inaugurale fu tenuto dal Professor Vittorio Beonio-Brocchieri, “grande firma” del Corriere della Sera e Preside della Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Pavia, che allora possedeva una villa a Daverio. Madrina della cerimonia fu la signora Bossi Mangano Emilia. Alla sua generosità si deve anche il grande e pregevole mosaico che abbellisce lo stabile.

Contratto di comodato

Non essendosi mai perfezionato il passaggio di proprietà dello stabile dal Comune all’Ente Morale Asilo Infantile di Daverio, si è provveduto, in data 29.9.1983, alla stipulazione di un Contratto di Comodato tra Comune ed Ente Morale per l’uso gratuito dello stabile di via Roma. Con questo atto, a firma del Dott. Tognola, in qualità di sindaco pro-tempore, e del Sig. Brugnoni, quale Presidente dell’Asilo, l’Amministrazione dell’Asilo si è assunta l’onere delle spese di gestione della scuola e dell’ordinaria manutenzione del fabbricato, mentre sono rimaste a carico del Comune le spese straordinarie.

P.O.F.

Logo Madonna della Neve col      PIANO DELL’OFFERTA FORMATIVA a.s. 2012/2013

L’art. 7 del D.P.R. 275 del 08/03/99 “Regolamento sull’Autonomia” prevede che ogni scuola nell’ambito della propria autonomia organizzativa e didattica elabori il Piano dell’Offerta Formativa (P.O.F.), che “rappresenta il documento fondamentale costitutivo dell’identità culturale e progettuale delle istituzioni scolastiche, nel quale si esplicita la progettazione curricolare, extracurricolare, educativa ed organizzativa che le singole scuole adottano nell’ambito della loro autonomia” (art. 3).
È uno strumento di lavoro e di consultazione per tutte le componenti della scuola.

Famiglie:

  • Per conoscere il progetto educativo e le modalità organizzative, rendendo così “trasparente” l’operatività gestionale della scuola;
  • Per un’informazione calibrata sulle risorse umane e per fornire materiali disponibili all’attuazione del progetto educativo–didattico;
  • Per migliorare la partecipazione delle famiglie in una progettualità condivisa.

Docenti:

  • Come riferimento condiviso per l’elaborazione del progetto educativo didattico della scuola;
  • Come sollecitazione a ricercare stimoli ad attuare percorsi più aderenti ai bisogni dei bambini, ripensando e riformulando scelte, obiettivi, metodologie didattiche ed organizzative;
  • Come strumento per operare un’autovalutazione sulla progettazione, intervenire sui “punti deboli” e potenziare i “punti forti”.

Direttrice:

  • Per analizzare e verificare l’effettiva attuazione del progetto educativo – didattico nel rispetto dell’identità della scuola;
  • Per monitorare i processi organizzativi, per cogliere aspetti critici da migliorare e aspetti positivi da potenziare.

Enti e strutture territoriali:

  • Per renderli partecipi del progetto educativo della scuola;
  • Per coinvolgerli in un’attenzione maggiore verso gli “utenti deboli”, nei confronti dei quali intervengono con insegnanti di sostegno o procedure di presa in carico;
  • Per permettere loro di intervenire in forma più tempestiva, incisiva e qualificata.
  • Perché offrano possibili processi di partecipazione "gestionale” alla vita della scuola (eventuali convenzioni con aziende locali).

Personale ATA:

  • Per renderlo partecipe di quello che la scuola va facendo sul piano educativo – didattico;
  • Per adottare modalità organizzative sempre più funzionali al servizio, nella prospettiva unitaria del Progetto Educativo.

1. LA COMUNITA’ EDUCANTE E LA SUA STORIA

2. PROGETTO EDUCATIVO

3. ORGANIZZAZIONE

4. LE CONDIZIONI PER LA REALIZZAZIONE

 

Scarica il Pdf completo

Origini e storia dell'Asilo di Daverio

 

- Giüsep, Giüsep te sentü la nuvità?
- Sa ghé da bel…
- A vegnì a cà da gesa evan dre a dì ca fan l’Asilo chi a Devé…
- Ah, si?
- Questa le na gran bela roba, l’eva üra; urmoi anca in di oltar paes in dre a verdal, ma… te set sücüra? Chi la diseva?
- L’eva la dona dul Celest du la Selveta; a l’eva anca drè a digh a la Maria da Dubià che ul don Cazzaniga a le d’acord, anzi a le stai lü cal se dai da fa par fa vegni i suor dul Piemunt…
- Ah… sa lè insci al vör di cal fan davera! E sculta, in du al faresan l’Asilo?

- In d’un curtil in scima dul paes, o mia capì ben quale a lè, ma al dev ves lì di port dula geseta…

- Ah! Finalment a ga varem püse temp par la campagna… Cun tüt quel ca ghe da fa!


Questa, con un po’ di fantasia, potrebbe essere stata la conversazione in una casa di Daverio alla notizia dell’imminente “nascita” dell’Asilo.
Allora il dialetto, a differenza di oggi, si usava comunemente sia in casa che fuori e soltanto quando si andava in città “scappava” qualche parola d’italiano.
E’ bene pertanto “tradurre” per le nuove generazioni il senso di questa breve conversazione tra marito e moglie la quale, ritornando dalla Santa Messa, aveva sentito la moglie del Celeste della Salvetta (uno dei tanti cortili in paese) dire alla Maria della frazione di Dobbiate, che, in un cortile vicino alla chiesina di Santa Maria, si stava per procedere all’apertura dell’Asilo con il beneplacito del parroco di allora Don Francesco Cazzaniga (bella figura di sacerdote rimasto a Daverio dal 1895 al 1936); anzi, era stato proprio lui a darsi da fare per realizzare l’opera con l’aiuto delle suore che aveva invitato dal vicino Piemonte.
Correva l’anno 1906 e anche i paesi vicini si apprestavano a dotarsi di tale servizio sociale, a quei tempi tutt’altro che diffuso.
Per meglio comprendere il divario rispetto ad oggi, dobbiamo dire che allora la vita era spesso massacrante, sia per i numerosi contadini che per gli operai in fabbrica. Il lavoro infatti superava abbondantemente le 10 ore giornaliere. I contadini avevano un bel daffare a vangare, seminare, fare il fieno, raccogliere il frumento da trebbiare, tagliare il bosco, procurare lo strame per il bestiame etc.; Non da meno erano le donne, che dovevano badare non solo all’andamento della casa ma spesso anche alla stalla, spazzando il letame, rifacendo il giaciglio agli animali, dando loro il fieno fresco prelevato in cascina, attingendo acqua dal pozzo per tutti i bisogni familiari.
Altri compiti erano quelli di fare la spesa e di portare da mangiare agli uomini in campagna per non far perder loro tempo per il ritorno a casa.

L’acqua veniva attinta dai pozzi presenti nei vari cortili ed i servizi igienici “il cesso” erano sistemati
all’esterno ed erano in comune con altre abitazioni. Molti non sapevano cosa fosse una vasca da bagno o una doccia; ci si lavava semplicemente nel catino o in una vasca da bucato.
Poiché i mezzi di trasporto, carrozze e carri, erano trainati da animali, questi lordavano le strade e le piazze dei loro escrementi. A tutto ciò si aggiungeva la scarsissima igiene e l’assenza quasi totale di medicinali, comunque tutt’altro che efficaci se paragonati a quelli di cui oggi disponiamo; ciò rendeva più breve la vita di tutti.
C’erano persone che, a causa di malattie, soprattutto respiratorie, passavano tutto l’inverno nelle stalle, al caldo che emanavano gli animali; infatti le camere non erano riscaldate e per non sentire il freddo delle coltri s’usava la “bolla” con l’acqua calda, il mattone messo a scaldare nel forno della cucina economica, o il cosiddetto “prete” (aggeggio di legno a forma di arco con lo scaldaletto contenente le braci del camino all’interno).
Gli ospedali civici erano disertati dai ricchi (che andavano nelle cliniche private) oltre che mal illuminati (non c’era ancora la corrente elettrica); erano luoghi mal attrezzati, dove si ricoveravano solo i poveri ed i reietti.
Le famiglie “onorate”, eccezion fatta per i casi di interventi chirurgici, si vergognavano di portare i loro cari in ospedale, perché sottrarsi al dovere di assistere un familiare nella propria dimora era considerato un disonore. I figli nascevano a casa con l’assistenza delle levatrici e con scarsissima attenzione all’igiene.
Proprio le numerosissime gravidanze complicavano l’esistenza delle famiglie più umili, cosicché il tempo e i soldi non bastavano mai.
Ecco allora spiegato come mai la nascita dell’Asilo fosse benvenuta, “una gran bela roba” come giustamente diceva il “Giüsep”; poiché dei figli si sarebbero presi cura le suore per tutto l’arco della giornata con compiti non solo di sorveglianza ma anche di educazione, di conseguenza sarebbe aumentato, per gli altri membri della famiglia, il tempo per svolgere le numerose incombenze quotidiane che prima abbiamo rapidamente elencato.
La cronistoria dell’Asilo attraverso i documenti del tempo, pur non essendo sempre di facile comprensione per via della mancanza di molti e importanti dettagli, consente comunque di
tracciare un quadro abbastanza fedele degli inizi.
Ma vediamo cosa ci dicono queste “carte”.
I primi accenni relativi alla necessità di provvedere ad un asilo in Daverio, risalgono ad un documento manoscritto, ritrovato negli archivi del Comune e datato 30.11.1904, nel quale il sindaco di allora Ing. E. Bossi chiedeva alla Commissione Centrale di Beneficenza della Cassa di Risparmio delle Province Lombarde “perché nel riparto delle somme disposte per i comuni mancanti di asilo, venga ricordato anche il Comune di Daverio (…) da più anni è sentito in questo Comune il bisogno di istituzione di un asilo infantile, ma per mancanza di mezzi non fu mai possibile mettere in attuazione il desiderato intento.
Tale richiesta era motivata dal fatto che a quei tempi la Cassa di Risparmio gestiva dei fondi speciali denominati “Fondo di Beneficenza Umberto Principe di Piemonte” e “Fondo Garibaldi” appositamente creati per “promuovere l’istituzione di Asili infantili nei comuni rurali che ne sono sprovvisti, mediante assegnazione di sussidi da pagarsi però quando l’Asilo fosse aperto e venisse data la prova che esso potrebbe funzionare regolarmente almeno per un triennio”.
Il documento invece che menziona chiaramente l’anno (purtroppo non la data) di partenza dell’Asilo, lo troviamo nello Statuto, deliberato in data 16.12.1956, dal Comitato Amministrativo dell’Ente Comunale di Assistenza di Daverio “ECA” che recita testualmente :
“L’Asilo Infantile di Daverio è sorto nel 1906 per interessamento del Molto Reverendo Parroco don Francesco Cazzaniga, con la collaborazione della popolazione del comune”.
E’ sottinteso che la collaborazione fosse anche quella fornita dal Comune di cui alla citata lettera
del 1904; tuttavia, non potendo fornire alla Banca sufficienti garanzie alla normativa richiesta
per la concessione dei sussidi di cui sopra, don Cazzaniga, che era uomo d’azione, si diede da fare per far comunque decollare l’Asilo in attesa di tempi migliori.
Si intuisce quindi che i primi anni erano a funzionamento “provvisorio”; appena il Comune avesse confermato alla Banca di rientrare nei richiesti parametri per la concessione dei sussidi, l’Asilo sarebbe rientrato a pieno titolo nell’elenco delle strutture infantili aventi diritto alle suddette provvidenze.
I parametri richiesti erano: garanzia di funzionamento per almeno tre anni, un’insegnante qualificata, una sede appropriata, un preventivo annuo di spesa, il numero esatto di bambini frequentanti la struttura, la disponibilità di materiale didattico, l’erezione in Ente Morale o in lternativa la gestione da parte della Congregazione di Carità del Comune.
Tale operatività e quindi ufficialità si raggiunse solo nel 1910; un documento datato 15.11.1910 e sempre a firma del Sindaco, confermava infatti alla citata Cassa di Risparmio che l’apertura ufficiale dell’Asilo datava 15.10.1910, che era frequentato da 64 bambini dai 3 ai 6 anni e che l’amministrazione era affidata alla Congregazione di Carità, già attiva a Daverio da alcuni decenni.
Da allora, finalmente, si ebbe diritto all’erogazione dei sussidi.
Infatti la Banca, in data 22.04.1911, rispondeva che “preso esame della prodotta documentazione, ha autorizzato il rilascio della somma di lire 3.000 stanziata da questo Fondo di beneficenza Umberto Principe di Piemonte, giusta nota N 5156 di questa amministrazione in data 12 aprile 1905 diretta al Sindaco di Daverio.
In parole povere: le lire 3.000 promesse nel 1905 potevano essere riscosse, dietro presentazione di opportuna documentazione, solo nel 1911.
Successivamente, di anno in anno, veniva regolarmente erogato un sussidio in base alle disponibilità dei fondi citati e delle necessità che la Congregazione di Carità si premurava di
segnalare alla Cassa di Risparmio.
Va detto, e di ciò esiste ampia e dettagliata documentazione, che nei primi anni di vita l’onere era a carico dei possidenti daveriesi (infatti le prime sedi dell’asilo erano state ricavate nei locali di famiglie facoltose), poi dei benestanti e di altri benefattori; grazie al frutto di lotterie svoltesi nelle varie ricorrenze religiose e civili, si ricavò poi altro denaro utile all’istituzione.
Successivamente, con l’evolversi dei tempi, alla Congregazione di Carità, subentrava nel 1956 l’ECA (Ente Comunale di Assistenza) che gestiva l’Asilo fino al passaggio
di questi, nel 1962, ad Ente Morale.
Da allora tutta la gestione, fin qui garantita dal Comune, passava direttamente all’Asilo con un
proprio Consiglio di Amministrazione.

Il resto…. beh, è storia di oggi; la gestione dell’Asilo è stata affidata a un Ente Morale costituitosi nel 1964. Nei suoi archivi non ci sono purtroppo documenti delle gestioni precedenti e quindi la ricostruzione di una significativa parte della sua storia è difficile.